mercoledì 2 novembre 2016

Una presa in giro


Ameno fino a martedì prossimo le elezioni presidenziali negli Usa qui da noi appassioneranno poco. E, del resto, anche negli Usa tale interesse è alimentato dai media e dai continui scandali, veri e presunti, con i quali le fazioni dell’ establishment americano sta combattendo la battaglia elettorale tra i due candidati più detestati della storia americana.

Ad un mese dalle elezioni il PD ha tirato fuori vecchie faccende di carattere sessuale relative a Trump tenute fino ad allora negli archivi in attesa del rush finale, con il risultato che Trump precipitava nei sondaggi fino a pochi giorni addietro. Per contro, la lettera inviata venerdì scorso al Congresso dal direttore dell'FBI, James Comey, sulla nuova inchiesta che in qualche modo coinvolge Hillary Clinton per l’ormai nota vicenda delle e-mail, consente a Trump di ritornare competitivo. Lo stesso Comey nel luglio scorso aveva annunciato il completamento delle indagini sulle e-mail della signora Clinton senza che fossero emerse responsabilità penali.

Non sono solo schizzi di fango, ma secchiate di letame. Anche in questo caso le elezioni presidenziali si sono dimostrate essere una presa in giro, come già nel 2001 con l’elezione di Bush e i ben noti brogli. La crisi americana nasce da un’interazione di processi politici, sociali ed economici complessi, un accumularsi di contraddizioni cui il sistema borghese non è in grado di offrire risposte sia sul piano interno sia su quello internazionale.

Il capitalismo (pronunciamola questa parola e lasciamo perdere termini come neoliberismo e altra aria fritta) non è in grado di superare le proprie contraddizioni, meno che mai nella fase della sua crisi generale-storica. Dall’altro lato, gli Stati nazione cercano una via d’uscita nella solita politica di potenza. È una situazione che ricorda per molti aspetti il travaglio che portò alle due prime guerre mondiali.


Impossibile spartire simpatie e antipatie per un candidato o l’altro, e sapere che all’uno o all’altra verrà consegnata la politica estera della maggiore potenza militare e nucleare del pianeta, compresa la “nuclear football”, non può lasciare indifferenti, considerato che gli apparati militari hanno già pianificato la terza guerra mondiale e ne considerano la prossima eventualità con molta serietà.

2 commenti:

  1. Ho paura che siano più pronti a sparare che a trovare scuse unanimi convincenti.

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  2. Se vince Trump hanno anche il capro espiatorio per la guerra di cui sopra.
    AG

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