venerdì 8 aprile 2016

Allora si distinguerà la verità della messinscena


Gente superficiale crede che la storia degli ultimi decenni voglia smentire ciò che era stato detto e fatto prima e per tanto tempo. Tutto ciò ha impedito di vedere le cose per quel che erano e sono, facendo del presente il punto d’arrivo della storia. Salvo poi, in un attimo di resipiscenza, farsi venire il dubbio, subito scartato, che “la democrazia funzioni veramente soltanto negli anni della crescita e della redistribuzione, mentre quando cambiano i tempi si fa da parte, cede il governo del sistema e contempla l'azione della crisi”.

L’azione della crisi! Bella espressione usa il formalismo liberale per mascherare la realtà. Non hanno il coraggio di declinarla nei suoi effetti questa cazzo d’azione, nei reali soggetti sociali ai quali viene fatta pagare, come se la lotta di classe in atto fosse qualcosa di astratto e non l’espressione della dittatura economica della borghesia. Poi, nel timore che il dubbio possa essere letto come un appello, dopo aver lanciato il sasso, si riprende in mano la stilografica per rianimare con il solito inchiostro le illusioni del riformismo.

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Quando in metà di un Paese il reddito è la metà dell’altra metà, si dovrebbe evitare di sostituire l’insinuazione alla conoscenza dei fatti, ossia scrivere: “I centri sociali, non sappiamo quanto infiltrati dalla camorra, si sono messi al servizio di un gioco politico distruttivo” (Stefano Folli su Repubblica di ieri). Se non sai, taci. Se sospetti, vai a verificare, a renderti conto di persona, insomma muovi il culo ed entra nei famigerati centri sociali, zone franche, secondo lo stereotipo diffuso ad arte, di ogni nequizia sovversiva e terroristica.

Quanto alla criminalità che taglieggia e spara, le responsabilità politiche vanno cercate in covi ben individuabili, come del resto ce ne offrono scampolo, da ultimo, le intercettazioni ministeriali che rivelano “un gioco politico” ben più “distruttivo” di quello dei centri sociali. Dire, tanto per fare un parallelismo storico, che i sanculotti alla Bastiglia erano al soldo di certe cricche aristocratiche che facevano la fronda alla corona, può anche trovare qualche riscontro, e tuttavia le torme di disperati che entrarono a Parigi in quel tempo erano spinte da una fame senza speranza più che dalla pigrizia e dal calcolo politico di qualche “fogliante”. Poi possiamo anche ricamarci sul fatto che la plebe è plebe e che le rivoluzioni non sono pranzi di gala, così come le proteste di piazza, signora mia, mancano assolutamente di bon ton.

Quando la crisi raggiungerà un livello superiore, quando infine sarà, qui come in Grecia e altrove, guerra a questa marcia società, allora si distingueranno facilmente le ragioni della verità da quelle della messinscena, e però anche in tal caso gli scribacchini di Repubblica giudicheranno incredibile quanto starà accadendo sotto i loro occhi.


In un paese così prevedibile non è difficile vaticinare ciò che nelle premesse è già realtà.

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