martedì 7 luglio 2015

E poi quanti tweet servirebbero?


In Grecia si è tenuto un referendum farsa. Come se una famiglia che deve soldi a tutti i negozi del quartiere si fosse riunita per decidere se pagare il beccaio, il fruttivendolo e il farmacista oppure chiedere agli stessi di condonare buona parte del credito. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la realtà. I nodi restano, come i debiti, ineludibili.

Sarà fatto tutto il possibile, forse, ma per quanto tempo ancora? Ci sarà un nuovo accordo per un pacchetto di aiuti finanziari, certamente non in cambio di sole promesse ma di altre misure di austerità. In tal senso le dimissioni di Yanis Varoufakis sono qualcosa di più di un indizio. Tutto ciò nella migliore delle ipotesi, ma tra sei mesi, un anno, poniamo pure tra tre anni, sarà diversa la situazione? Basterà tagliare pensioni e vendere le pietre del Partenone?

Dal canto suo è difficile credere che l’alta borghesia ellenica cambierà stile di vita, che gli armatori e gli avvocati paghino le tasse, posto che ciò sia condizione sufficiente. Ancora una volta toccherà ai soliti poveri illusi stringere la cinghia. Passata la sbornia referendaria a pagare il conto saranno sempre loro, i poveracci, quel 50 per cento di giovani disoccupati senza prospettive di un futuro. Grillo e Vendola, terminata la gita, si dileguano.



Si continua a pompare denaro e però la crisi invece di risolversi viene ad aggravarsi. A questa clamorosa evidenza si risponde con la richiesta di altre “riforme” che inevitabilmente creano nuove e più gravi povertà. È ormai certezza che il rimedio proposto e attuato finora non sia quello giusto, e tuttavia non c’è quasi nessuno che spinga il dubbio oltre il debito e l’adozione dell’euro in sé.

L’errore fondamentale nel quale comunemente si cade è quello di vedere la crisi greca (e altre analoghe) semplicemente in termini di crisi da debito. È anche sicuramente una congiuntura contrassegnata dall’altissimo debito pubblico, ma vi è fondamentalmente un altro motivo che causa questo genere di disastrose situazioni. Dipendesse dal debito e dall’euro la crisi avrebbe una svolta con la ristrutturazione del debito e il ritorno a una moneta nazionale. E però la Grecia, così come altri paesi europei, in ogni caso ha bisogno di indebitarsi anche solo per tirare avanti e sia nell’euro e sia fuori.

Si tratta, paradossalmente e specularmente, dello stesso errore di chi vede superabili le crisi del modo di produzione capitalistico sul “movimento del denaro”. È quanto sta facendo da anni la Federal Reserve e ora anche la Bce. Con l’aumentare la massa monetaria in circolazione il problema sarebbe risolto, l’agognata “crescita” vista come questione di “stimoli” e di liquidità al sistema creditizio. Fosse così semplice il capitalismo non avrebbe più crisi e i banchieri centrali sarebbero venerati come delle star.

Per rientrare entro certi parametri del debito sarebbero dunque sufficienti le riforme strutturali, le liberalizzazioni verso il privato, taglio degli sprechi, lotta all’evasione, stimolare il credito stampando moneta, eccetera. Restano sempre in ombra le contraddizioni fondamentali del modo di produzione capitalistico, così come resta sullo sfondo la lotta tra i diversi soggetti capitalistici per i mercati e il ruolo svolto dagli organismi nazionali e sovranazionali che neutrali certamente non sono.

Il capitale ha occupato tutto il pianeta, ha travolto i modi di produzione superati fino a distruggere minuziosamente quelle economie locali di sussistenza che consentivano di sopravvivere a buona parte del genere umano. Intere nazioni sono state portate al fallimento della loro già precaria economia, centinaia di milioni di proletari e sottoproletari ne stanno pagando le conseguenze. E però c’è la questione del “debito”, dello Stato che non riesce a trovare le risorse per pagare stipendi pubblici, pensioni, sanità, scuola, trasporti, ecc.

Una manna per il capitale finanziario, non da oggi ma che nei nostri anni ha assunto dimensioni assurde. È così che gli Stati e i relativi popoli sono diventati debitori di una manica di cravattari. C’è chi propone di far pagare le tasse ai ricchi. Propone, appunto. Si tratta in ogni caso di una visione semplicistica di che cos’è e di come funziona il capitalismo. Entrare nel merito, diciamocelo francamente, è una gran rottura di coglioni. E poi se i regimi sedicenti comunisti sono falliti, con essi è fallito il marxismo e conseguentemente anche l’analisi di quel tiratardi di Marx era sbagliata, e se non proprio sballata essa era datata e rivolta a situazioni diverse, antiche, che non ci riguardano più.

La forma particolare e storico congiunturale entro cui operano le leggi fondamentali del modo di produzione capitalistico si modifica certamente, ma non si modificano le leggi stesse, in qualsiasi stadio dello sviluppo capitalistico esse operino. Ma a chi vuoi interessi capire realmente, poi con questo caldo, e quanti tweet servirebbero?



7 commenti:

  1. Le contraddizioni restano in ombra perché sono la trave, la struttura portante appunto, e coloro che predicano le riforme strutturali non intendono capire che, tolta la trave, crolla tutto.
    I sollazzevoli ragionieri perfetti o alla Seminerio o alla Bagnai, anche se gli dessero retta, non cambierebbe un cazzo - ma per loro va bene così.

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  2. Cara Olympe,
    oggi il Sig FMI ci fa sapere che il rapporto tra il sig Pil e il sig Deficit italiani,non ci consente di avere ulteriori prestiti con cui rilanciare i sig.ri Investimenti,poiche'i signori Mercati che vagano da secoli sopra il Monte Olimpo ci negherebbero i dane',se non ad altissimi interessi lucrosi per gli Dei.
    Mi stavo chiedendo,ma gli Dei ,non erano solo delle entita'del passato..eppure credo che la superstizione fosse passata ,non e'cosi' evidentemente,milioni di uomini continuano a fare sacrificia queste misteriose entita',piuttosto che ....
    Creduloni ..povero Bernstein..che pensava che...

    Caino

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  3. A quanto vedo, e parlo specialmente per i cosidetti compagni, la "supposta" del referendum ha avuto un buon effetto.

    Saluti Olympe.

    Luigi

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  4. non c'è alcun fatalismo nel capitalismo; ciò che accade per via del capitale è prevedibile e proprio per questo non è inevitabile. La conoscenza delle condizioni storiche in cui il capitale si muove è fondamentale per questo. Il capitale si interpreta una volta che ha vinto (questo è il vero liberismo, grazie al cazzo) prima di vederlo trionfare si può, però, studiare e prevedere. In Italia si interpreta, ci si interroga sbigottiti: e adesso? Adesso non c'è più niente da fare e così si stratifica l'infausta tradizione delle nostre classi subalterne.. Si rimedia a partire dalle proprie convenzioni sociali fattesi convinzioni, speranze, credenze, veggenze incarnate in partiti democratici in forma di colomba. Amen. Per queste ragioni dico che l'inizio del contrasto reale deve iniziare collettivamente - all'interno della propria classe sociale - alzandosi come ben dicevi dal proprio posto numerato. Ovvero esattamente dalle convenzioni tradizionali ma antistoriche che ci incatenano. Iniziando, possibilmente, dall'annosa tara del familismo coatto. E voler tassare i ricchi sappiamo bene non essere sufficiente e non essere il punto, ma in Italia, per esempio, significa già alzarsi in piedi.

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  5. Questo si che si chiama parlar chiaro.

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  6. Il dopo 89

    Si cominciano a vedere i primi sintomi del crollo del mondo bipolare.L'analisi economica del capitalismo e delle sue contraddizzioni non deve mai essere disgiunta dall'analisi geopolitica ,questa e'la dialettica marxista ed il suo piu'grande lascito oltre agli scritti in materia di Marx e di Engels,la lezione del Leninismo e'quanto mai opportuna in tema della lotta deggli opposti Imperialismi,che oggi si vanno avviando verso lo scontro tra continenti ,piuttosto che tra Stati,come un tempo.
    L'Euro,pochi hanno il coraggio di ammetterlo,va anche visto sotto questa luce,e cioe'il tentativo dell'Imperialismo (interessi)capitalistici europei di contare nella lotta che si sta profilando tra i Giganti,con gli Usa in palese difficolta'a mantenere nei prossimi decenni la sua supremazia.
    Ecco che traspare solo oggi ,in chiave geopolitica l'interesse USA a tenere la Grecia in Europa, (leggasi NATO).
    IL PERICOLO ,ovvio, e' che la Grecia permetta ai Russi basi nel Mediterraneo,che valgono molto di piu'in questa ottica delle pietre del Partenone.
    Elmetto in testa e maschera antigas,per durare dieci minuti in piu',ECCO quello che attende le masse nel prossimo futuro,oltre ovviamente a quello che gia'si e'detto abbondantemente in questo Blog.
    Non dimenticarsi mai che il Capitalismo per continuare a sopravvivere deve mantenere lo sviluppo ineguale nel mondo.
    I tempi si accorciano,i sintomi si sentono gia'tutti,possiamo gia' per il futuro essere tutti morti,solo che adesso ci sono le ferie,non


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  7. Eccoci al punto. Lei (forse per carattere ottimista) ha più volte (mi sembra) valutato la crisi di questi anni come fenomeno o sintomo della inevitabile caduta del saggio di profitto. Io (si parva licet...), pessimista di natura, la vedevo piuttosto come una nuova accumulazione originaria. Naturalmente gli atteggiamenti muscolari si possono interpretare come segni di intrinseca debolezza, però mi sembra che il capitale, in questo momento, oltre ad essersi fatto governi e governance favorevoli, passi continuamente all'incasso e riscuota parecchio. Con quest'afa, mi creda, vedo scenari millenaristici
    saluti, Ale

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