sabato 8 novembre 2014

Mentre Angela faceva la sauna


Chissà se domani, 9 novembre, anniversario della “caduta” del Muro, nel climax delle relative celebrazioni (3 giorni di festa), ad Angela Kasner verrà modo di ricordare che è anche l’anniversario della Kristallnacht. Non credo, anzitutto perché spesso la storia ha a che fare con la propaganda anziché con le “cose”, poi perché l’evento è lontano e sarebbe poco patriottico ricordarlo in questi momenti di tripudio nazionale. Osservo, peraltro, che Angela con la “caduta” non c’entra nulla, né direttamente e nemmeno indirettamente, anche perché la sua unica preoccupazione, in quella fatidica sera di 25 anni or sono, era quella di recarsi alla sauna con una sua amica.

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Ci vuole un’ideologia da discount per spacciare l’ebraismo come una questione “razziale”, eppure nella patria di Goete e di Hegel, nonché di “quell’ebreuccio” tedesco dalla lunga barba (per dirla alla Giuseppe Tomasi), è successo spesso (*). Bisogna conoscerli bene i tedeschi per saperli apprezzare in tutte le loro sfumature. I tedeschi dopo Auschwitz, Buchenwald, Oradour, eccetera sono vissuti tra noi senza vergogna. Walter Raeder, il responsabile di Sant’Anna di Stazzema, è stato liberato dal carcere ed è rientrato in Germania a seguito accordi diplomatici con tanto di aereo di Stato. Rientrato “in patria” s’è dichiarato tutt’altro che pentito del suo crimine.

Non si possono lasciar morire milioni di soldati d’inedia com’è avvenuto nel 1941 in Russia e uccidere migliaia d’inermi, bruciarne i cadaveri per giorni, come è successo con i soldati italiani nell’ottobre 1943 a Leopoli, se non ci si sente parte di qualcosa di diverso e di superiore alla specie umana. Non è vero che non sapevano di quanto stava succedendo: i più vecchi tra loro ricorderanno certamente che agli angoli delle strade erano affissi i manifesti con scritto: “crepa ebreo!” e che malgrado ciò, e anzi perciò, essi votarono per Hitler.

Non bisogna farsi ingannare dai monumenti in cemento a ricordo della Shoah, né la presa di distanza dall’antisemitismo può esaurirsi in frasi di circostanza e viaggi di studio in Israele. I tedeschi erano antisemiti molto prima del nazismo e hanno sempre coltivato il mito della propria superiorità “razziale”. Gli studenti del periodo di Weimar erano antisemiti militanti ancor prima che i nazisti salissero al potere. Nel 1926, in un referendum, gli studenti tedeschi si pronunciarono a favore delle “caratteristiche razziali” come criterio della loro appartenenza all’associazione e con ciò esclusero gli studenti ebrei. Tanto per dire.

La domanda da porsi è: perché i tedeschi dovrebbero essere cambiati d’allora? Non sono cambiati, statene certi, il loro disprezzo per i popoli che considerano inferiori si può cogliere ancor oggi nelle sfumature dei loro stereotipi, e nella iattanza della loro élite politica ed economica.

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C’è ad ogni buon conto da sfatare un luogo comune, uno dei tanti di quelli alimentati dalla propaganda sionista che a partire dalla seconda meta del XIX secolo ha inventato, sulla base di brani di memoria religiosa, ebraica e cristiana, una concatenazione genealogica ininterrotta per il popolo ebraico, così come in seguito ha strumentalizzato la macelleria hitlerita. Il luogo comune al quale mi riferisco riguarda un fatto storico forse marginale ma illuminante, che non c’entra con l’invenzione del cosiddetto “popolo ebraico” e le sue pretese sulla Palestina (**) ma a che fare con la più recente persecuzione degli ebrei in Germania.

Contrariamente a quanto si può credere la Germania nazista non ostacolò, almeno prima della guerra, l’emigrazione dei tedeschi di religione ebraica, anzi la favorì in molti modi. N’è prova l’accordo, che va sotto il nome di Ha’avara Transfer, firmato il 25 ago 1933 da parte della Federazione Sionista della Germania, la Banca Anglo-Palestinese (in base alla direttiva del Agenzia ebraica) e le autorità economiche del Terzo Reich.

La Germania nazista aveva un disperato bisogno di valuta estera per i suoi scambi commerciali, inoltre intendeva promuovere l’emigrazione ebraica. L’accordo comportava una transazione tra le autorità del Reich e un gruppo di aziende sioniste operanti negli aranceti di Hanotea, presso Giaffa. Mentre il mandato britannico limitava l’immigrazione di quanti erano scarsi di mezzi finanziari, l’accordo Ha’avara Transfer consentiva agli ebrei tedeschi che possedessero almeno 1000 sterline palestinesi (equivalenti a 1000 sterline inglesi) di entrare liberamente nei territori utilizzando il cosiddetto “visto capitalista” (l’accordo parla esplicitamente di capitalist immigrants e non riguarda certo gli ebrei di comune condizione).

L’Ha’avara Transfer consentiva agli ebrei tedeschi di versare dei soldi su un fondo berlinese in cambio di certificati che dichiaravano la disponibilità di un quantitativo di sterline palestinesi sufficiente a procurare loro il visto. Hanotea da parte sua utilizzava i fondi depositati a Berlino per acquistare merci tedesche da esportare in Palestina. Gli emigranti venivano rimborsati in sterline palestinesi quando i prodotti tedeschi venivano venduti a clienti ebrei o arabi.

In pratica l’accordo assicurava che ogni Reichsmark di capitale esportato da un emigrante ebreo-tedesco trovasse riscontro in un ordine compensativo di esportazione. In tal modo l’Ha’avara Transfer divenne uno dei mezzi più efficienti per consentire agli ebrei di esportare capitali dalla Germania, consentendo al 10% della popolazione ebraica tedesca, ossia alla sua élite, di emigrare in Palestina conservando gran parte delle proprie ricchezze (***).

(*) L’approfondimento delle abitudini di vita e di comunicazione delle comunità ebraiche del passato potrebbero gettare ulteriore luce su un altro piccolo e seccante dettaglio: quanto più ci allontaniamo dalle norme religiose e focalizziamo l’indagine sulla variegata vita quotidiana del passato, tanto più chiaro emerge come non sia mai esistito tra i seguaci dell’ebraismo in Asia, Africa ed Europa un comune denominatore etnografico laico. L’ebraismo mondiale è sempre stata un importante cultura religiosa, anch’essa articolata in diverse correnti. Ma non è stata una “nazione” straniera ed errante (Shlomo Sand, L’invenzione del popolo ebraico, Rizzoli, 2010, p. 367).

(**) Le scoperte della “nuova archeologia” contraddicono la possibilità di un grande esodo nel XIII secolo dell’evo antico, e il mitico Mosè non ha potuto condurre gli ebrei fuori dall’Egitto verso la “terra promessa” per la semplice ragione che, in quel tempo, la terra promessa era in mano agli egiziani. Del resto non si trova traccia di una rivolta di schiavi nell’impero dei faraoni, né di una veloce conquista del paese di Canaan ad opera di un elemento straniero.

Né esiste segno o ricordo dello sfarzoso regno di Davide e di Salomone. Le scoperte degli ultimi decenni attestano l’esistenza, in quel tempo, di due piccoli regni: Israele, il più potente e Giuda, la futura Giudea. Neanche gli abitanti della Giudea subirono l’esilio nel VI secolo a.C., ma solo le sue élite politiche e intellettuali dovettero insediarsi a Babilonia, e da questo incontro decisivo con i culti persiani nacque il monoteismo ebraico (sulla “metodica” redazionale della Bibbia può essere utile: Elias Bickerman, Quattro libri stravaganti della Bibbia, Patron, 1979).


(***) Secondo la Jewish Virtual Library, l'immigrazione ebraica regolare fu di 37.000 nel 1933, 45.000 nel 1934 di 61.000 nel 1935. Dal 1929 al 1936 (l’Ha’avara Transfer funzionò però fino al 1939), gli ebrei in Palestina passarono da 170mila (17% della popolazione) a 400mila (31%).

2 commenti:

  1. La storia biblica di Israele e quella del monoteismo ebraico sono miti liberamente basati su alcuni dati storici opportunamente riletti e riscritti in antico e fino ad oggi. Io ci ho scritto sopra una tesi di laurea, ma non ho scoperto nulla che gia' non si sapesse: tutte le storie nazionali sono largamente fasulle. Perche' sono funzionali all'ideologia della classe dominante, la cui immagine riflessa allo specchio e' l'unica storia alla quale essa e' interessata.

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  2. Oggi Frau Angela Merkel, nella sua veste di Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, ha celebrato i 25 anni dalla caduta del Muro della Vergogna.
    E ha anche ricordato, ovviamente, la Notte dei Cristalli.

    Per il resto credo di scorgere, in questo post, opinioni poco meditate.
    A meno che essere i migliori, ed esserne consapevoli, non debba essere considerata una colpa.

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