venerdì 9 agosto 2013

Giudici


L’attacco al giudice Esposito, da parte dei soliti banditi, è iniziato ben prima dell’improvvida, ingenua, e innocua conversazione telefonica con il giornalista “amico” (esistono “amici” in quegli ambienti?). Il presidente del consiglio superiore della magistratura – dato il rilievo della faccenda – due parole di monito avrebbe potuto levarle. Se n’è guardato bene. Si tratta della stessa persona che un tempo fu responsabile della Commissione culturale del Partito comunista italiano, ed in tale veste ebbe a scrivere – quando ancora Belpietro e Sallusti frequentavano la scuola – dello “shopping di Solgenitsyn per le vie di Zurigo o sulle cospicue somme da lui accumulate, grazie ai diritti d’autore, nelle banche svizzere”.

E quando si hanno simili maestri imparare l’arte diventa più facile.

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Un non credente che dichiara di essere “interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazareth, figlio di Maria e di Giuseppe, ebreo della stirpe di David”, è uno che dà per scontate troppe cose per spacciarsi quale non credente.

Ma sentite questa domanda che il “non credente” vorrebbe porre al papa: “se una persona non ha fede né la cerca, ma commette quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano?”.

Questa domanda è come il versamento di una caparra per l’aldilà. L’educazione cattolica impregna le coscienze a tal punto che molti – dopo una vita passata nella soddisfazione compulsiva dei desideri di natura – nei loro ultimi anni si preoccupano di manovrare gli scambi verso l’inferno e il paradiso, insomma di tenersi buono il “dio cristiano”. Si sa mai.


C’è da dire che le religioni hanno trasformato il loro dio in giudice e ciò autorizza i preti a presentarsi come suoi pubblici ministeri. Perciò Scalfari si appella in cassazione, sperando di non imbattersi in un giudice comunista o, quasi peggio, napoletano.

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