mercoledì 27 febbraio 2013

Non la Grecia, non l’Argentina, peggio



Molti di coloro che hanno votato per lo show di Beppe Grillo probabilmente non ne conoscono il programma politico-economico, non almeno negli effetti reali che provocherebbero alcune sue proposte se attuate o anche solo annunciate dal nuovo governo.

Nei 20 punti per uscire dal buio, ci sono alcune proposte condivisibili e auspicabili, in una certa misura fattibili se non lasciate in mano a degli improvvisatori. Altre sono a dir poco stravaganti, e si tratta purtroppo delle proposte che godono ampia popolarità. Ne prendo ad esempio in considerazione tre di queste per dire cosa provocherebbero.

Grillo propone il referendum sulla permanenza nell'euro. È un tema ricorrente del Grillo-pensiero: l'euro affama il Paese, strangola le aziende, trasferisce ricchezza privata per ripagare il debito. Per questo M5S vorrebbe rinegoziare gli accordi Ue giudicati capestro.

Rinominare tutti i contratti in euro nella valuta nazionale equivale a un default di Stato, aziende, banche e famiglie. Per lo stesso motivo l'Italia non può cancellare unilateralmente gli impegni già presi nei Trattati (fiscal compact, six pack, ecc.) e nell'Unione monetaria.

Il debito pubblico è per il M5S un cappio al collo che si stringerà sempre più senza ristrutturare il valore dei titoli di Stato che sono detenuti all'85,7% da banche, fondi, assicurazioni e altri investitori. Bisogna dunque diminuire gli interessi e diluire nel tempo la restituzione del capitale.

Questa semplice proposta, al solo annuncio, equivale per il mercato e le agenzie di rating al default, alias dichiarazione d’insolvibilità, fallimento. Lo Stato italiano, dopo la ristrutturazione perderebbe l'accesso ai mercati e la fiducia degli investitori per anni.

L’M5S vorrebbe impedire che le offerte di acquisto (Opa) siano ripagate indebitando le società acquisite, mettere un tetto allo stipendio dei manager delle quotate, abolire i monopoli di fatto come Telecom, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie.

Tutto ciò è auspicabile, ma solo in parte fattibile. Un conto è far funzionare davvero gli organismi di controllo finanziario, altro è porre un limite alle società quotate, poiché esse operano in un mercato globale laddove le multinazionali producono buona parte del fatturato all'estero. Il rischio? Mettere in fuga i pochi investitori che ancora scommettono sul mercato italiano. Abolire poi i monopoli di fatto come Telecom, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset, Ferrovie, potrebbe significare solo una cosa: favorire i capitali stranieri. 

1 commento:

  1. scusa Olympe, ma quella è una tua supposizione...ci sono persone, segnatamente degli economisti, che non la pensano proprio così...mi riferisco ad Alberto Bagnai e Claudio Borghi...
    non è tutto così scontato.
    ciao
    gg

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