giovedì 17 gennaio 2013

Invarianze



Come ho già scritto – troppe volte? – i temi della contesa europea e fondamentalmente di quella internazionale sono sempre gli stessi. La prima guerra mondiale ha avuto scopi non dissimili dalla seconda, pur con delle varianti. C’era da spartirsi – tra l’altro – l’impero ottomano, cosa che Inghilterra e Francia non mancarono di fare. Soprattutto la Germania reclamava un proprio lebensraum e un ruolo forte sui mercati internazionali. Non diversi i motivi e gli scopi che portarono al secondo conflitto. I tedeschi hanno sempre avuto – non diversamente da altre grandi potenze – il problema di trovare mercati di sbocco per le proprie merci e capitali, territori per approvvigionarsi di materie prime e prodotti alimentari a buon prezzo. Hitler, un fanatico semianalfabeta, non era più cinico e pazzo di quanto non lo fossero Churchill e Roosevelt. Del resto, giudicare un intero periodo storico sulla base della follia di un uomo non avrebbe senso. Senza la crisi degli anni Trenta, l’instabilità finanziaria e dei cambi, quindi la difficoltà politica interna di formare un governo stabile, con le elezioni del novembre 1932 il partito di Hitler era morto, tra l’altro sommerso dai debiti. Ciò non significa che la Germania se ne sarebbe stata in disparte. Per quanto riguarda il seguito, scrissi in un post del 28 giugno 2012:

… il 5 febbraio 1945, alla conferenza di Crimea, i tre grandi discussero del futuro postbellico della Germania e ancora una volta non decisero molto. Tutti erano d’accordo sulla spartizione, ma la proposta sovietica di non permettere più ai tedeschi di diventare una grande potenza industriale, fu discussa ma non decisa. Stalin propose una Germania agricola, dotata d’industria leggera e una minima percentuale di quella pesante, ma non se ne fece nulla. Poi a Roosevelt seguì Truman e la sua dottrina.

Decisiva fu la politica di potenza, non il bisogno di giustizia. Ancora una volta la borghesia tedesca se la cavò con poco e già nel 1951 il Pil tedesco raggiungeva i livelli di quello del 1939. Del resto, la Germania, pur divisa, non poteva avere in Europa un ruolo economico e strategico marginale. L’errore esiziale venne dopo, con la riunificazione. Il Bundestag provvide subito di riportare la capitale nella sua sede tradizionale: Berlino. La storia del Reich germanico ricomincia laddove sembrava essersi interrotta per sempre.

Pertanto, questione fondamentale per una grande potenza industriale come la Germania, non diversamente da altre potenze dello stesso calibro, era e resta quella di trovare uno sbocco alle proprie merci e capitali, in definitiva garantirsi l’avanzo della propria bilancia dei pagamenti. È la politica che i tedeschi stanno realizzando con l’euro. Figuriamoci se ai mastri birrai tedeschi – anche questo lo ripeto – interessa qualcosa del default greco o spagnolo, oppure italiano. Anzi, in tal caso potrebbero acquisire praticamente “a gratis” ciò che resta di questi paesi. Il fatto è che la Germania non può rinunciare all’Europa come mercato. Poi, com'è noto, l’economia tedesca è troppo piccola per giocare da sola in campo internazionale e troppo importante per non avere ruolo dominante in Europa.

Chiunque si opponga a questo disegno, a questa strategia, rischia quantomeno di fare la fine di Strauss Kahn, il direttore del Fmi che si era permesso di dire che la Germania è «non un modello virtuoso da imitare ma una nazione arcipeccatrice», tenuto conto che il suo modello di sfruttamento sistematico dei surplus dell’export per potenziare la crescita a spese degli altri paesi europei in deficit non è che una riedizione degli sbilanci tossici globali che hanno fatto riemergere la crisi.

6 commenti:

  1. il potere tedesco non ha mai smesso di fare politica di opotenza, nè dopo la prima guerra mondiale, nè dopo la seconda. la prima cosa di cui si occupò adenauer, appena eletto cancelliere, fu il riarmo della germania. la riunificazione è stata da sempre nei programmi segreti del potere tedesco, tant'è che le targhe delle grandi città della ddr furono messe nell'armadio e mai concesse a città e paesi della parte cosidetta libera, che avrebbero potuto richiederle,ad es. la l di lipsia non era a disposizione, era "conservata" per lipsia e cosí via. nel frattempo hanno scatenato, già da trent'anni, una guerra finanziaria, per ora non possono fare guerre militari, per mettere appunto in ginocchio la concorrenza europea. alcuni dicono che la germania sta segando il ramo su cui siede: oserei dire di no, esiste sicuramente anche il piano b. chi glielo spiega ai neorepubblichini del pd che siamo in guerra ?
    franco valdes piccolo proletario di provincia

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  2. Molto chiaro. C'è però una cosa che non mi spiego: le politiche di austerità imposte da Berlino ai PIIGS tolgono potere di acquisto ai consumatori di questi paesi, cosa che si riflette negativamente sulle esportazioni tedesche (si comprano meno prodotti, compresi quelli fatti in Germania). Credo di aver letto da qualche parte che gli indicatori economici tedeschi comincino a segnalare questa cosa. Come mai allora tanto fanatismo rigorista tra il Reno e l'Oder?

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    1. si tratta di movimenti contraddittori, come tutto il resto. non c'è nulla di lineare nel capitalismo
      bisogna tener conto che prima hanno venduto a credito e ora debbono incassare. cmq restano i maggiori esportatori netti, i dominatori della scena

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  3. mirano a compensare le perdite di flusso verso l' Europa con altri mercati, neanche a dirlo con la Cina in particolare. vero che temono più il crollo quello del mercato unico europeo che dell'euro.
    ma siamo tutti in corsa, mica solo i tedeschi,no?

    da

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  4. Olympe, che ne pensa di questa analisi (anche in risposta al dubbio di Pietro)?

    http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Egemonia-al-centro-declino-in-periferia-16356

    Hans

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