domenica 12 febbraio 2012

Sono tra noi



Nei giorni scorsi, in occasione della bufala di Repubblica sulle presunte foto, dapprima “inedite” e poi “rare”, di Hitler, “presentate per la prima volta”, ho avuto modo d’incappare nella navigazione in rete, mio malgrado, in qualche sito filonazista. Sia chiaro: spazzatura. Però come in ogni discarica si può raccattare qualche strano oggetto che, preso con i guanti doppio strato, può presentare qualche interesse. C’è, per esempio, del vero nel fatto che non si può giudicare quell’epoca con categorie psichiatriche, ossia ridurre il nazismo a mera follia (gli idioti sono i nostalgici attuali). I mezzi erano talvolta folli, ma il disegno, viceversa e purtroppo, lucidissimo.

Il punto che m’interessa riguarda le analogie con il presente e anche, ovviamente, le differenze. E il contatto più evidente è quello della crisi economica e politica. Senza la crisi degli anni Trenta e con un assetto parlamentare capace di garantire un governo stabile, il nazismo sarebbe rimasto in Germania un fenomeno storico e politico marginale. Le questioni agitate dalla propaganda di allora, il Trattato di Versailles e le riparazioni di guerra, svolsero sicuramente un ruolo (specie l’occupazione francese della Ruhr), ma con un peso più a livello ideologico che nel segnare effettivamente il successo nazista.

La crisi economica, politica e il conflitto di classe, sono dunque le condizioni di base per l’affermazione in un ventennio del fascismo in tre grandi paesi dell’Europa. Nel caso della Germania, mi soffermo su tale aspetto, si vide bene come più il cancelliere Brüning perseguiva nella sua politica di rigore, e più si aggravava la situazione economica e si sfaldavano le forze che lo appoggiavano con lo spostamento dell’elettorato verso i partiti nazionalisti e di destra. Fino al 1929 i nazisti erano ancora al 2,5%, l’anno dopo già al 18,3. L’oratoria e il carisma hitleriano non c’entrano nulla in questa rapida ascesa, l’ideologia fascista è solo un involucro nel quale stanno comodi tanti interessi.

Ho provato a mostrare la convergenza di tali interessi nei post del marzo scorso dedicati alla figura di Philipp von Hessen e della sua consorte, di come cioè il ceto aristocratico tedesco, le cui rendite erano state irrimediabilmente compromesse dagli esiti della guerra, fu ben contento di riconoscersi nel nazismo e di trovare un soggetto politico per il proprio riscatto sociale. E se l’industria tedesca ebbe con i suoi finanziamenti un ruolo determinante nell’affermazione del partito di Hitler, il voto massiccio dei contadini e di alcuni strati proletari coronò il successo sul piano elettorale. Naturalmente anche dal lato soggettivo vi furono grossi aiuti, come quello di Schacht e di Papen.

Il più grande alleato di Hitler fu però la crisi economica, la corsa alla svalutazione da parte degli Stati, lo sbando irreversibile del sistema di cambio, i fallimenti delle banche. Hitler fu quindi il prodotto più genuino della crisi economica e finanziaria, come Mussolini lo fu di quella sociale e politica, e Franco il caudillo della restaurazione autoritaria. L’evoluzione del fenomeno fascista in Europa dovrebbe costituire una lezione e un monito per i democratici, i quali però mostrano di aver più cura dei dettagli che del fatto che questo sistema, dove a decidere è una sola classe, ci porterà tutti a sbattere.

Oggi la crisi economica e politica c’è tutta e non appena salteranno i cosiddetti ammortizzatori sociali, come sta cominciando ad avvenire in Grecia …... Ovunque si chiede di consumare di meno e di produrre di più. La politica esegue e guai a parlare a Eugenio Scalfari semplicemente e banalmente di socialdemocrazia. Il paradosso è la sola coerenza possibile nelle società che si sfaldano.

Mussolini e Hitler non ci sono ancora per il semplice motivo che non è più necessario, o non lo è ancora, ricorrere a quelle forme truci di totalitarismo. Non servono le folle nelle piazze quando bastano strumenti potenti e intossicanti per occultare un genocidio, oppure un trasferimento di fondi per decidere la politica sociale ed economica di un paese. Il nuovo fascismo è già tra noi, è nel dispotismo mondiale dell’economia. Le consorterie politiche sovrannazionali e locali, con la loro politica di tagli e di forte pressione sul lavoro, ne rappresentano l’istanza.

2 commenti:

  1. E quando questo dispotismo mondiale inevitabilmente crollerà, cosa ne prenderà il posto? I miliardi di individui abituati a vivere consumando, dovranno diventare schiavi al servizio di chi ... Stati rafforzati o famiglie mafiose?
    Ma soprattutto, il dispotismo mondiale ci starà a crollare senza fare tanto chiasso?
    Quando il profitto innanzitutto non potrà più darsi, come si estrinsecherà la volontà di potenza?
    COmunque vada, non c'è da stare allegri ...

    RispondiElimina
  2. “Questo risultato del massimo sviluppo della produzione capitalistica è un momento necessario
    di transizione per la ritrasformazione del capitale in proprietà dei produttori, non più come proprietà
    privata di singoli produttori, ma come proprietà di essi in quanto associati, come proprietà sociale
    immediata. E inoltre è momento di transizione per la trasformazione di tutte le funzioni, che nel
    processo di riproduzione sono ancora connesse con la proprietà del capitale, in funzioni dei
    produttori associati, in funzioni sociali”.

    Ancora:
    “Questo significa la soppressione del modo di produzione capitalistico, nell’ambito dello stesso
    modo di produzione capitalistico, quindi è una contraddizione che si distrugge da se stessa, che
    prima facie si presenta come momento di semplice transizione verso una nuova forma di
    produzione. Essa si presenta come tale anche all’apparenza. In certe sfere stabilisce il monopolio e
    richiede quindi l’intervento dello Stato. Ricostituisce una nuova aristocrazia finanziaria, una nuova
    categoria di parassiti nella forma di escogitatori di progetti, di fondatori e di direttori che sono tali
    solo di nome; tutto un sistema di frodi e di imbrogli che ha per oggetto la fondazione di società,
    l’emissione e il commercio di azioni. E’ produzione privata senza il controllo della proprietà
    privata”.

    non vado oltre perché non vorrei annoiare

    RispondiElimina