venerdì 26 agosto 2011

Siamo in guerra

“Siamo in guerra. E’ una guerra aperta, dichiarata, frontale. È la guerra dei neo-liberisti selvaggi planetari, sostenuti dalla destra più retriva in rappresentanza del capitale bancario privato che sta affondando i loro micidiali colpi nel tentativo di spogliare definitivamente la classe media, vera spina dorsale dell’economia statunitense, e baluardo storico nella produzione di ricchezza collettiva, per costruire un medioevo dittatoriale che ci fa dire con tranquillità che il comunismo sovietico di Breznev era, in paragone, un simpatico esperimento sociale divertente. Lo scenario della battaglia in corso era, per lo più, l’Europa: adesso si è esteso anche qui da noi. O la gente lo capisce e si rimbocca le maniche, o non lo capisce. Se non lo capisce vuol dire che è in malafede oppure è masochista. Oppure nessuno li informa. E’ il vantaggio –magari ancora per poco- di una grande democrazia liberale come quella che abbiamo fondato e difeso e salvaguardato in Usa nei secoli: c’è ancora spazio per dire, spiegare, informare. E’ ciò che noi economisti stiamo tentando di fare, disperatamente, prima che la guerra si concluda con una sconfitta planetaria delle persone per bene che lavorano”.

“Oggi sostenere, come io faccio, di essere l’orgogliosa interprete e modesta, modestissima, erede del pensiero di Keynes, rivisitato e applicato alle necessità del capitalismo globale, viene identificato dai pirati criminali al comando delle grandi banche private, veri e propri bastardi, che sono accecati dall’avidità di casta e dall’accidia faziosa anti-democratica, come una dichiarazione di appartenenza a una guerriglia  comunista. E’ esattamente l’opposto: sto cercando di dare un contributo al salvataggio del capitalismo, e ritengo di avere il diritto/dovere di spiegare agli americani con molta chiarezza come stanno le cose, denunciando le falsificazioni operate dai media costantemente, perché siamo in guerra e guerra sia. Questa non è una crisi economica. I termini recessione, contrazione, addirittura “depressione economica” la cui sola evocazione ci riempie di sgomento, non sono utili né bastevoli per spiegare come stanno le cose. Se si afferma e vince il disegno del gruppo di tecnocrati sorretti politicamente dall’estrema destra planetaria in funzione anti-democratica non ci sarà più sviluppo. In realtà, la destra ha volutamente radicalizzato lo scontro perché intende prendere il potere politico a livello planetario. Siamo in una guerra tra capitale e lavoro. Il che è una follia. Perderanno entrambi. Il capitalismo funziona solo e soltanto quando produce lavoro e quindi ricchezza collettiva e consumo di massa e investimenti strategici”.

Volete sapere chi è questa invasata, questa pericolosa comunista travestita da keynesiana? Christina Romer, ordinario di Economia Politica e Pianificazione Economica delle Nazioni all’Università di Berkeley, ed è stata, inoltre, consulente personale del presidente Obama dal 2007 al 2009. A tale proposito, cioè come consulente presidenziale, ricorda:

“Allora, Obama, diede –dietro mio consiglio- ben 1400 miliardi di dollari in aiuto delle banche. Pensavamo che umiliati dall’esplosione della bolla finanziaria corressero ad assumere persone e creare merci. E invece si sono presi i soldi e li hanno reinvestiti in un’altra bolla finanziaria. Una vera tragedia. Per questo mi dimisi, allora. Oggi, 20 agosto 2011, lo posso dire. Siamo stati truffati. Cedemmo al ricatto delle banche private: o ci date i soldi o mandiamo a picco le borse mondiali. Abbiamo dato loro i soldi. Stanno mandando a picco le borse mondiali perché hanno reinvestito i soldi su se stessi e non nella società. Una vera tragedia. Questo è l’attuale scenario di guerra.”
Dove ha detto queste parole la Romer? Alla tv americana, durante un talk show televisivo sul network ABC, circa una settimana fa, sapendo di avere una platea di telespettatori di circa 50 milioni di persone (ha battuto infatti ogni record di ascolto televisivo). Ve l’immaginate alla tv italiana un economista dire queste cose? La Romer ha poi detto altre cose a riguardo dell’Europa e dell’Italia. Cose che nei democratici media italiani nessuno osa dire:

“Spingere le nazioni europee a immettere il concetto di pareggio di bilancio all’interno del propria costituzione come vogliono fare – così almeno sembra – in Spagna, Italia e Irlanda è un vero golpe e i cittadini devono essere informati. E’ un loro diritto. Così come è bene spiegare che la contrazione del debito pubblico provocherà stagnazione, mentre l’estensione del debito sovrano per stimolare l’economia farebbe di nuovo circolare moneta che dovrebbe servire a produrre le due uniche realtà di cui l’economia reale ha bisogno oggi: lavoro e merci.-Le banche private tengono in pugno i governi ricattandoli perché hanno come obiettivo quello di de-industrializzare il pianeta spostando gli indici economici dai settori manifatturieri a quelli finanziari, il che vuol dire sostituire le merci con la carta straccia, il che vuol dire sostituire il lavoro con la rendita: una catastrofe per l’economia. Ma lo è anche per la psicologia. In tal modo si spingono individui e popoli a diffondere l’idea che la ricchezza non la si costruisce attraverso l’uso, l’applicazione e l’esercizio del lavoro, bensì attraverso l’uso furbo e abile di quotidiane transazioni finanziarie legate a oscillazioni. E’ un abbassamento anche di prospettiva intellettuale. Si spingono individui e nazioni a rinunciare alle strategie di mercato per cercare, invece, come vere e proprie cavallette i campi dove lanciarsi per capitalizzare subito finanza immediata da re-investire subito in qualche altra piazza finanziaria mondiale. Per non parlare del fatto che, quando passano le cavallette dei finanzieri neo-liberisti selvaggi, molto spesso – per non dire quasi sempre – lasciano intere nazioni a secco”.

Ed ecco il punto sull’Italia:

“Lo stato italiano, invece di piagnucolare abbindolando i propri cittadini sul debito pubblico, presentandolo come un cancro, lo aumenti e vada controcorrente. L’Italia ha un debito pubblico che si aggira intorno ai 1.950 miliardi di euro. Portarlo a 2.050 non comporta nessun aggravio SOLO E SOLTANTO SE consente il rilancio alla grande dell’economia in termini di sviluppo. L’Italia può permetterselo. Lo stato lancia un gigantesco piano di rilancio a favore delle istituzioni bancarie, le quali si faranno latori – essendo tutti inter-connessi- presso la Bce. I soldi vengono dati a due condizioni:  
a) le banche disinvestono dalla finanza e danno mutui agevolati alle imprese che producono merci a firma made in Italy.
b) possono avere accesso ai mutui agevolati soltanto le aziende che assumono almeno 10 disoccupati in età tra i 18 e i 35 anni. Quelle aziende si vedono decurtati gli oneri fiscali del 50% se assumono e per il solo fatto di assumere.
c) le banche e le aziende che non intendono investire nella creazione di lavoro e nella produzione delle merci perché preferiscono investire nella finanza internazionale –sempre a rischio di attacco speculativo- vengono tassate del 50%. 
Così, si alzano le tasse e si abbassano le tasse allo stesso tempo. Tutte le banche italiane che hanno usufruito dell’aiuto dello stato nel 2008 (circa 45 miliardi di euro per salvarsi dalla crisi) poiché hanno investito quei soldi in finanza di carta e non in produzioni di merci, devono essere tassate subito nella serie “profitti legati a transizioni finanziarie”. Nel solo 2011 le banche italiane hanno perso in borsa la media del 40% del loro valore. Ma nessuno ricorda che nel 2009 hanno avuto profitti, in alcuni casi, del 150%, e nel 2010 del 60%. Che cosa facciamo? Contiamo i soldi quando le cose vanno male e non li contiamo quando vanno bene? La medicina è una e una sola: l’unica che può salvare l’economia di una nazione come l’Italia, troppo debole dinanzi al ricatto delle banche private francesi e tedesche: disinvestire dalla finanza per produrre merci: così facendo ci si sottrae alla speculazione, si crea lavoro, si produce ricchezza. Le banche vanno sotto il controllo di un mega ufficio del lavoro supra partes che controlla l’efficacia del sistema e lo fa applicare.”.
Il suo punto di vista, il punto di vista della Romer, è quello di una economista borghese che ha ancora fiducia in questo sistema marcio. La differenza con i suoi colleghi, sicuramente con quelli italiani, è che lei è intellettualmente e politicamente onesta.

I brani dell’intervista alla Romer li ho tratti da questo sito.

5 commenti:

  1. non so se ti è sfuggita questa...
    "Giusto protestare ma lo si può fare di sabato oppure di sera."
    Avrai forse già capito chi è l'autore di tanta saggezza sociale.

    Ottimo lavoro come sempre sul tuo blog. Ne servirebbero cento.

    GC

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  2. Concordo pienamente con le ultime 3 righe scritte da te, le ricette che da la Romer mi spaventano quasi quanto l'analisi impietosa e veritiera che fa. Il problema che mi sorge è: come avvantaggiarsi da queste informazioni? visto che non sono un imprenditore e che se gli stolti governanti italioti gli danno retta (cosa di cui dubito fortemente) sarà un ulteriore rilancio di un capitalismo solo "più umano"?

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  3. he, he, sempre che non ci sia la partita in tv


    @ cassandra:
    meglio le politiche keynesiane che quelle liberiste. qui non si tratta di scegliere il riformismo, ma il male minore
    è necessario tener conto di chi sopporta maggiormente queste ultime
    lo dice anche la romer, il liberismo è pericoloso per più di un motivo

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  4. E' abbastanza ovvio che per il quieto vivere di molti le politiche keynesiane siano migliori, ma a volte mi chiedo se accelerando con le liberalizzazioni e quindi "radicalizzando lo scontro" non si possa svegliare chi dorme e magari cambiare finalmente qualcosa.

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  5. viviamo in un mondo matto.....
    dopo Warren Buffet anche Claude Perdriel chiede di pagare più tasse.
    questi ricconi hanno ancora un briciolo di quella intelligenza della borghesia di cui parlavi tu recentemente.qualche miliardo sottratto a chi ne ha già per 500 vite e fa solo speculazione può fare del bene a tutti se ben utilizzato.
    ma i governi, macchè, niente.

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