venerdì 15 ottobre 2010

Omsa, che rivoluzione!



Ieri sera, ad Annozero, un’operaia della Omsa ha detto testualmente: «Ci vorrebbe un po’ di rivoluzione». Quindi ne basterebbe poca, giusto per rimettere le cose in ordine, lavoro, salario, dignità. Di quale dignità si tratti è presto detto, la dignità di chi lavora precariamente per procacciarsi sostentamento rimanendo schiavo del proprio padrone. Una prospettiva diversa non è data nemmeno come ipotesi. I padroni possono stare contenti, il potere loro non è messo in discussione, c'è bisogno di loro per mandare avanti la baracca. Gli operai sono ben lieti di sapere che questo sistema può essere migliorato con "un po' di rivoluzione", cioè con le giuste riforme; ma soprattutto essi sono istruiti sul fatto che  non  è data alternativa a codesta società libera posta sotto il controllo autoritario del capitale. Del resto, il fallimento del "comunismo" sarebbe lì a dimostrarlo e parlare di rivoluzione è qualcosa di risibile dato che il movimento rivoluzionario è sparito da molto tempo nei paesi "avanzati" e la politica specializzata è solo un àmbito corrotto e separato. Ma tutto il resto è ancora ben più risibile, poiché si tratta di conservare le forme demenziali dell'esistente, cioè di un sistema che ci conduce innevitabilmente alla catastrofe.
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Un’altra operaia, a proposito delle “delocalizzazioni”, ha affermato: chiudono le fabbriche in Italia e portano le lavorazioni in Tunisia e Marocco con gli aiuti europei. Insomma, quello che succede con la Fiat in Serbia, i cui impianti sono stati realizzati in gran parte con fondi europei. In studio, su questo argomento, non s’è sentita una voce. Pierluigi Bersani ha semplicemente detto, programmaticamente, che bisogna puntare sul “lavoro”, in che modo non l’ha chiarito, visto che un’operaia serba della Omsa “costa” meno di un terzo di un’operaia nostrana. Poi ha rilanciato: ci vuole un po’ di riduzione fiscale alle famiglie per far crescere i consumi. Eccola l’alternativa di “sinistra”, un po’ qui e un po’ là, dopodiché ci penserà la manina invisibile del mercato.
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Scrive Le Monde Diplomatique: «“Per la prima volta nella storia, le perone che la sera andranno a dormire a stomaco vuoto saranno più di un miliardo”. Questa la constatazione inattesa e devastante di Robert B. Zoellick, presidente della Banca mondiale. Lo stesso Zoelick precisa poi che l’obiettivo del millennio per lo sviluppo – sradicare la fame entro il 2015 – “non sarà raggiunto”. Dopo il netto regresso di quest’ultimo decennio, dal 2008 la povertà e la malnutrizione  sono nuovamente in rapido aumento».
A chi vogliamo addebitare questo stato di cose?

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