giovedì 21 ottobre 2010

Ce n'est qu'un debut



In tutta Europa e nel mondo si stanno intensificando le lotte contro le politiche governative, dettate dall’aristocrazia finanziaria, intese a far pagare la crisi e il gigantesco processo di ristrutturazione in atto alle classi salariate. Senza risparmio di mezzi, in Francia e in Grecia vengono mobilitati gli sgherri antisommossa contro operai e studenti. In Italia, contro la Fiom si sono schierati i media padronali e statali con una campagna di allarme terroristica per il solo fatto che i manifestanti hanno lanciato delle uova fresche. Ci sono stati invece scioperi generali di un giorno e manifestazioni di massa in Spagna, Portogallo e Irlanda, scioperi dei salariati in Romania e in Cina, India, Cambogia e Bangladesh.
Non saranno queste proteste, pur significative e generalizzate, a far recedere i governi e le organizzazioni sovrannazionali dalla loro strategia. In Gran Bretagna, per es., il governo di coalizione liberal-conservatore impone tagli senza precedenti nella storia, raggiungendo 83 miliardi di sterline, il che comporterà la perdita di almeno 500.000 posti di lavoro nel settore pubblico  [anche Sole 24ore conferma] e 500.000 posti di lavoro in quello privato. Il tradimento dei sindacati istituzionali è stato palese sia nel caso dei lavoratori della metropolitana di Londra che in quello  dei lavoratori della BBC e della British Airways, i quali avevano votato per lo sciopero ma i leader sindacali hanno rifiutato di indirlo.
Anche negli Usa l'incapacità della Casa Bianca e dei democratici di prendere le distanze dagli interessi delle élite economiche è resa ancora una volta palese da numerosi fatti, tra i quali la decisone di non aumentare gli aiuti sociali e di non aderire alla richiesta di moratoria dei pignoramenti delle abitazioni. Anche tra gli operai dell’auto sta aumentando l’insofferenza e l’opposizione per i drastici tagli salariali.
Ciò che emerge da queste esperienze di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, è l'incompatibilità del sistema capitalista con i loro bisogni più elementari: lavoro, abitazione, istruzione, futuro. Anche per coloro che finora si erano mantenuti illusi sulla reale natura di questo sistema, sempre più si va rivelando chiaramente la dittatura esercitata di fatto delle banche e delle multinazionali sulla vita economica e politica, e perciò la necessità di uscire dai vecchi schemi e dalle infide appartenenze per costruire movimenti autonomi, radicalmente e autenticamente antagonisti e alternativi.
A qualcuno questi discorsi potranno apparire vecchi e perfino stereotipati. Sì, si tratta di vecchie questioni che però si ripresentano quotidianamente, per esempio, a chi ha perso o rischia di perdere il lavoro o ne ha mai avuto uno. Non perché si sia amanti di questo schifo di lavori, ma perché essi garantiscono un minimo di salario e di mantenimento. Discorsi vecchi quanto un sistema di sfruttamento che non ha più alcuna ragione d’essere, sterotipati come le sue beghe sui cambi e le sue lotte per il controllo delle risorse, delle pipeline e delle rotte di comunicazione e di traffico; un sistema al tramonto che ci porterà inevitabilmente a nuovi conflitti, ancora più terrificanti che in passato, forse definitivi.

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