giovedì 8 luglio 2010

Ne travailez jamais



"Partito dal livello minimo in 28 anni del 5,8% a fine 2007, il tasso di disoccupazione nell'area Ocse è cresciuto fino al punto massimo del dopoguerra, l'8,7%, nel primo trimestre 2010, che corrisponde a 17 milioni di persone disoccupate in più". Lo afferma l'Employment outlook 2010 dell'Ocse, presentato oggi a Parigi, che sottolinea poi come questo calo del tasso di occupati sia stato di intensità differente nei vari Paesi membri, in un modo che "le differenze nella diminuzione del Pil lasciano in gran parte inspiegato".
“I paesi Ocse devono creare 17 milioni di nuovi posti di lavoro per tornare ai livelli precedenti la crisi”, ha detto il segretario generale dell'organizzazione Angel Gurrìa.
Nel complesso dell'area Ocse i disoccupati sono oggi ufficialmente 47 milioni. Se “i paesi Ocse devono creare 17 milioni di nuovi posti di lavoro per tornare ai livelli precedenti”, ammesso che ciò avvenga, gli altri 30 milioni di disoccupati che faranno?
Un sistema sociale che non può garantire a decine di milioni di persone e relative famiglie lavoro e dignità, futuro e stabilità, che sistema è? Lavorare tutti e lavorare meno è fuori discussione, perché è contrario alle leggi economiche che sovrintendono l’accumulazione e il profitto capitalistico. L’unico modello alternativo, ti ripete all’infinito la propaganda, è quello del gulag e della penuria, perciò non ci resta che essere sottomessi alle esigenze della merce, schiavi e consumatori, lavoratori e disoccupati, precari e sussidiati, irretiti dalla pubblicità, dalla menzogna dell’abbondanza che ha già selezionato il tipo di vita che ci spetta, allineando ogni nostra facoltà sul potere d’acquisto, ovvero, come scrive Piero Ostellino sul Corriere, secondo “la capacità d’acquisto”, prerogativa di “chiunque abbia doti, meriti, discernimento, fortuna in una società aperta”.
Porsi come obiettivo quello di dominare l’abbondanza e la sua distribuzione secondo nuove leggi, è fuori dalle possibilità e dall’orizzonte ideologico della borghesia capitalistica, una classe che è divenuta nemica di ogni vero sviluppo umano e di ogni autentica libertà (quelle che non si trovano sul mercato, caro Ostellino), e di uno Stato che nega nei fatti i principi sul quale si dichiara fondato.

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