mercoledì 28 luglio 2010

Il futuro


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Non possiamo dirci disinteressati della realtà poiché saranno le sue contraddizioni ad afferrarci. Sul fronte internazionale l’orizzonte è cupo, e anche il fronte interno minaccia tempesta. Secondo le occasioni, il sistema afferma di agire sulla fiducia dei cittadini e in quella dei “risparmiatori”, ma in realtà non si fida neppure di se stesso. L’epoca del compromesso sociale è finita. Da un lato la crisi, la caduta del saggio del profitto, spinge il capitale a ridurre a più buon mercato il lavoro e a mutare le condizioni del suo sfruttamento; dall’altro la crisi fiscale degli Stati impone imperativamente il rientro dal debito con tagli sempre più netti e profondi al welfare. A ciò si aggiunge una drammatica situazione di sostenibilità ecologica.

La borghesia in difficoltà è disposta a sacrificare ogni principio dichiarato intangibile pur di salvarsi dal naufragio. Una svolta di tipo bonapartista, un nuovo ordine commissariale, è già in discussione, com’è stato posto in evidenza  qui . Da questo punto di vista il proletariato metropolitano pagherà un prezzo molto alto alle proprie illusioni, alle lusinghe di un benessere spesso effimero e comunque precario, alla propria incapacità di costituirsi come classe dirigente, di prendere il potere.

Ogni tentativo di mettere “ordine” nel sistema è destinato a scontrarsi con la logica prevalente del capitale. Di quale logica, di quali leggi si tratti è stato messo in luce, una volta per tutte, dalla critica marxiana. Per contro gli apologeti non provano alcuna remora e vergogna nel vedere le proprie farneticazioni teoriche fallire miseramente a ogni prova dei fatti. A fronte dell’imponente movimento finanziario, il capitalismo nella sua essenza non è cambiato e non può mutare natura; esso si presenta come “un’immane raccolta di merci”. È nel modo in cui esse sono prodotte e vendute che si rivelano i motivi della lotta tra capitale e lavoro, non meno che le contraddizioni immanenti al sistema di accumulazione. Ma se c’è chi pensa che saranno, di per sé, le crisi ad uccidere definitivamente il capitalismo, ebbene sappia che si sbaglia. La deriva sarà lunga, foriera forse di una nuova gigantesca guerra e forse del crollo della civiltà così come l’abbiamo finora conosciuta.

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