martedì 4 maggio 2010

Il prezzo delle patate


Sono due anni che la crisi morde e ci raccontano che non è vero, anzi, è così ma “noi speriamo che ce la caviamo” perché stiamo meglio di altri. Milioni di disoccupati, sottoccupati, precari, cassaintegrati, disperati. Tutti gli indicatori economici all’ingiù e i sequestratori di una democrazia di carta parlano d’altro, del centocinquantenario e di Bossi che litiga con Garibaldi, del Papa che commissaria il culo dei diaconi. Vogliono riscrivere la Costituzione perché per rubare impuniti quella che c’è non gli basta più. E poi il localismo fiscale, il passaggio dei beni demaniali alle regioni e alle province; è lì il grande affare, le nuove occasioni di furto, l’ultimo piatto forte per i nuovi e vecchi appetiti. E ancora tasse, per i soliti noti che le pagano.
Per fortuna che c’è la stampa, la critica estetica, che ha il coraggio, ogni tanto, di dire con franchezza le cose come stanno. Per esempio, Luigi Zingales, sul Sole 24ore, scrive:
Quando la domanda di patate al prezzo corrente supera l'offerta, il prezzo delle patate sale, segnalando una situazione di scarsità. I singoli agricoltori non hanno bisogno di nessuna direttiva burocratica per decidere se piantare più patate: un incremento del prezzo incentiva a piantare più patate, un decremento è il segnale per piantarne meno.
Capito perché sale il prezzo dei generi alimentari? Non perché, come dice l’avido contadino, c’è il monopolio mafioso di grossisti, commercianti e supermercati, ma perché c’è troppa domanda, cioè mangiamo troppe patate. Che fanno pure ingrassare.
Lo stesso succede – prosegue Zingales – con i prezzi delle azioni. Un incremento delle azioni delle aziende siderurgiche segnala un incremento della domanda di acciaio, che induce gli imprenditori a costruire altre fabbriche e gli investitori a fornire loro i soldi necessari.
Ecco perché salivano le azioni della Parmalat: non perché invece delle vacche si mungevano “gli investitori”, ma perché si beveva molto latte. Ed è spiegato anche perché le azioni Telecom hanno perso l’80% del loro prezzo: non perché si è rubato a man salva, bensì perché si telefona di meno, preferiamo i pizzini!
Mi comunicano in questo momento (TG1 economia) che l'interscambio tra Italia e Mongolia ha fatto un balzo di oltre il 30%, raggiungendo un valore di 100 milioni di euro, quasi quanto un montepremi dell'enalotto!

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