domenica 28 febbraio 2010

Teorizzazioni dell'apparenza


[…] quarant’anni dopo, quell’insulto, terrone, è praticamente scomparso. Chi fa più caso all’origine geografica di un cognome o di un nome? È bastata una generazione per cancellare gli effetti di questa segregazione. E grazie a quell’immigrazione interna dal 1970 l’Italia, la sua industria, la sua economia, la sua cultura, hanno potuto crescere.

Adesso la sfida è la stessa: costruire una nuova unità, una nuova ricchezza del Paese. La sfida è mettere la generazione dei nostri figli nelle condizioni di considerare normale la differenza di pelle, di nome, di religione, al punto da non considerarla più una differenza. Ci vorrà tempo. Forse, come per il piccolo Elio e per tutti noi ex terroni, ci vorrà un’intera generazione. Ma le fondamenta perché questo avvenga dipendono da quello che noi facciamo oggi.


La segregazione tra italiani e stranieri è ancora feroce, ma il sistema xenofobo che l’ha voluta si avvia alla decomposizione.


Non ha futuro.


Il sistema di potere che l’ha prodotto è già morto, sta marcendo nel cancro delle tangenti, nelle complicità con la mafia, nella parodia dell’onestà e della buona amministrazione che dal 1994 in poi ha diviso l’Italia e l’ha ridotta al cadavere che è. Il capolinea di tutto questo è il 2013, forse anche prima.


Poi ci sarà il vuoto.


E tutti noi, cittadini onesti, che non ci riconosciamo nel marciume della corruzione, abbiamo l’obbligo di riempirlo. Anche semplicemente con la nostra presenza, con le nostre piccole azioni quotidiane.
Fabrizio Gatti, nel blog di Gilioli.
Mi chiedo, ma Gatti è mai stato a Parigi, Londra, Amburgo, New York? E cosa ha potuto vedere, se si è spostato di qualche isolato dal suo albergo a quattro o cinque stelle? Crede veramente che il Sudafrica sia quello rappresentato da Estewood e che basti Mandela e Obama? Che sia sufficiente mandare a casa Berlusconi per “redimere” l’Italia da tutte le mafie nostrane e internazionali, ecc. ecc.? È sincero Fabrizio Gatti quando parla della “parodia dell’onestà e della buona amministrazione che dal 1994 …”? Dal 1994? La vogliamo smettere di ridurre la totalità ad un frammento, di illudere le nuove generazioni che è con il “perdono” e con “l’onestà” che si superano le contraddizioni della sopravvivenza? Possibile che non si capisca che queste parole sono in ritardo sulla realtà, che sequestrano ogni diversa riflessione alternativa sulla natura irriformabile di questo sistema?

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